Scopri la nuova collezione Chloé Estate 2026 della direttrice creativa Chemena Kamali.
Spedizione standard e resi gratuiti fino al 31 gennaio.
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Volevo esplorare cosa potesse significare oggi l’idea di couture nel contesto di Chloé. Un paradosso per una Maison fondata sui principi della libertà democratica e della naturalezza; qualcosa che non sembra appartenere al suo DNA originario. Ho voluto spingere i confini di ciò che definisce Chloé, ampliandone il linguaggio, portando la Maison in territori nuovi e inesplorati, interrogandomi sul perché e sul come Gaby Aghion abbia fondato Chloé.
“Ho fondato Chloé perché amavo l’idea della couture, ma trovavo il concetto un po' obsoleto, artificiale. Una creazione bella e di qualità dovrebbe essere vista addosso alle donne per strada”. Gaby Aghion
Mi piaceva l’idea di tornare a ciò che Gaby Aghion aveva rifiutato, senza però tradire il DNA originario della Maison. Come creare una silhouette studiata ma disinvolta; mantenere la struttura senza perdere libertà; dare forma senza rigidità?
Al Café Flore e alla Brasserie Lipp, le prime collezioni Chloé della fine degli anni Cinquanta si ispiravano alle silhouette dell’Alta Moda, ma senza ricorrere a fodere, imbottiture o stecche. Al contrario, erano prive di formalità ed elitismo. Conservavano la leggerezza senza rinunciare al savoir-faire artigianale, incarnando l’idea di una collezione “entre deux”, sospesa tra Alta Moda e prêt-à-porter.
Così, sono tornata a qualcosa di molto personale: il gesto istintivo del drappeggio per dare forma, volume e movimento. Un’eleganza ariosa, ottenuta attraverso pieghe, nodi e avvolgimenti. Spontanea, ma meticolosamente studiata.
Per me, questo è diventato un modo per fondere la grandezza delle tecniche ispirate alla couture con l’umiltà dei più comuni popeline di cotone. Spogliare tutto fino all’essenziale: tessuti semplici, “poveri”, ai quali restituire forma attraverso il drappeggio. Rivisitare le stampe floreali d’archivio degli anni Cinquanta e Sessanta. Rielaborare i classici capispalla in leggere garze di cotone.
La scelta di presentare la collezione in una delle sale conferenze dell’UNESCO è stata intenzionale e simbolica. Si tratta di un ambiente postmoderno, costruito nei primi anni di Chloé. Un luogo che rappresenta il dialogo aperto e lo scambio, la libertà e l’accoglienza. Un luogo che celebra la creatività in tutte le sue forme.
Con affetto,
Chemena